Comedy tragedy history

La mattina del trentun agosto un uomo in giacca di tweed e un basset hound uscirono dalla porta verde di una villetta a schiera bianca e si diressero verso la stazione di East Croydon. L'uomo stava riflettendo sull'ineluttabilità del destino, il cane si chiedeva se quella loro passeggiata inconsuetamente mattiniera avrebbe avuto come destinazione una pasticceria. Non lo aveva: deluso, l'animale, si trovò a seguire il suo padrone dentro una stazione gremita di pendolari che aspettavano il primo treno per Londra e, poi, all'interno di una biglietteria sorprendentemente angusta, la quale sorgeva proprio a lato di una biglietteria che, invece, aveva le giuste dimensioni di una biglietteria. Il cane non si interessò particolarmente alla questione, dato che, in fin dei conti, nessuna delle due biglietterie sembrava sfornare dolcetti caldi.
«Bella giornata, nevvero?» disse il giovanotto seduto dietro una scrivania ingombra di lattine vuote.
McAlister sollevò un sopracciglio con aria interrogativa.
«Sì?» si informò con cortesia. Il giovanotto gli scoccò un sorriso raggiante, poi balzò in piedi, afferrò una lattina e la sventolò sotto il naso del signore in giacca di tweed.
«Dove, signore?» gli domandò.
«Hogsmeade.» fu la laconica risposta.
E fu così che, cinque minuti dopo, un signore in giacca di tweed, un basset hound che ancora sognava dolcetti caldi e una lattina vuota di pepsi comparvero davanti all'ufficio postale di Hogsmeade. L'uomo imboccò il sentiero che risaliva verso il castello, il basset hound lo seguì e la lattina rimase dov'era.
Mugugnando mentalmente contro l'afa estiva, l'erba umida, i pollini e le comari del villaggio, McAlister attraversò il parco della scuola; quando raggiunse il portone, era giunto a maledire gli elfi domestici, gli studenti e Miss Landon. All'altezza del primo piano, stava odiando con intensità crescente più o meno ogni aspetto della società civilizzata, dalla consuetudine di vivere in gruppi familiari fino alla legge sull'istruzione obbligatoria dei giovani. Quando imboccò il corridoio per la sala insegnanti gli mancavano giusto due o tre microrganismi unicellulari prima di essersi lamentato dell'intera creazione.
Convinto che il castello e tutti i suoi abitanti fossero ancora nel mondo dei sogni, aprì la porta della stanza pronto a godersi qualche ora di meritato silenzio mentre si dedicava ad una delle sue attività preferite: preparare i registri delle punizioni.
Nemmeno si prese la briga di stupirsi della presenza di Grace nella stanza: lei rovinava sempre tutto. McAlister sbuffò di rassegnazione.
«Buongiorno, piaga della mia esistenza.» disse, del tutto sincero.
«Io e Arnold siamo incredibilmente delusi nel constatare che perseveri nel prolungare irragionevolmente la tua esistenza su questo mondo».
Il suo sarcasmo e la sua sincerità erano così simili che spesso nemmeno McAlister avrebbe saputo dire se era serio o sarcastico. In questo caso però lo sapeva: era serissimo.

McAlister e Arnold non avevano minimamente arrestato la loro passeggiata mattutina: il padrone aveva continuato a guidare il cane all'interno della stanza anche mentre salutava Grace, come se la sua presenza fosse di importanza totalmente marginale al proseguire della vita (McAlister avrebbe potuto spiegare per ore che in effetti era proprio così, e spesso lo faceva davvero -solo che nessuno gli credeva mai. Tranne Arnold. Caro Arnold.)
«Grace, sono decisamente troppo altruista nei confronti dei nostri studenti, colleghi e comuni parenti per potermi permettere di essere la causa di una gioia che rischia di farti scampare più a lungo del previsto -e del sopportabile.» le spiegò con estrema calma, schiarendo ogni singola parola col suo lento accento del Surrey. Intanto lui e il cane avevano raggiunto il lato opposto della sala e Arnold si stava dedicando ad annusare con attenzione il profilo dell'armadio che conteneva i registri dei professori.
McAlister non gli fece fretta. Solo quando il cane ebbe finito di catalogare gli odori (non era necessario essere un segugio per capire chi fosse già entrato in quella stanza: pure Coriolanus distingueva chiaramente l'odore della colonia di Thorne e dei fiori di campo dei ridicoli cappellini di Clarissa) si mosse verso la finestra, che spalancò. Iniziò poi a disporre una postazione di studio proprio lì davanti: sistemò accuratamente una sedia, posò un registro nuovo sul davanzale, stese a terra un tappetino per Arnold, fece apparire magicamente un calamaio.
Sembravano passate ere (lo erano?) quando finalmente si accomodò, con uno scrocchiare delle anziane giunture, e rivolse un nuovo sguardo in direzione della sua adorata ex moglie.
«In questa stanza c'è una persona in più di quanto io e Arnold avessimo auspicato.» le fece notare col tono di chi discute del tempo «O per essere più chiari: gradiremmo che ti levassi dalle scatole.»
Clarissa lo spronava sempre ad essere ragionevole. Più ragionevole di così!

McAlister venne pacificamente e totalmente ignorato. Siccome la cosa non lo stupì, è chiaro che non poteva nemmeno infastidirlo; del resto ci voleva un evento di proporzioni ben maggiori per smuovere qualcosa nell'animo annoiato di Coriolanus. Non per niente il suo soprannome ufficiale era Due di Novembre.
In passato Grace aveva avuto il potere di infastidirlo, lei unica tra le migliaia di esseri umani in Gran Bretagna -ma anche questo ormai apparteneva al passato.
«È sempre un piacere conversare con te.» disse all'aria, riuscendo ad essere al contempo totalmente serio e totalmente sarcastico.
Arnold, liberato dal collare, si acciambellò sul tappetino che il suo padrone gli aveva preparato e iniziò a ronfare, Coriolanus si accomodò sulla seggiola e, posando il registro sul davanzale come se si trattasse di un tavolino, iniziò a compilarlo minuziosamente. Dedicarsi alla burocrazia scolastica era una delle poche cose al mondo a dargli gioia, e proprio per questo non la faceva mai e viveva in continua insoddisfazione.

Una tazza di porcellana azzurro cielo fece un mattiniero ingresso in Sala Insegnanti, seguita da un Raphael Thorne in cardigan blu e pantaloni grigi. Era l'ultima giornata di tranquillità in quel castello e lui intendeva trascorrerla in uno stato d'animo di pace e calma zen. Il profumo del caffè nero che aveva nella tazza si mischiava con quello amaro della sua acqua di colonia, che a sua volta si mischiava con quello dolce del suo balsamo -poi si stupiva quando gli animali della Gaunt lo attaccavano!
Aveva fatto giusto mezzo passo nella Sala Insegnanti quando vide che essa era già occupata: la Prewett sedeva al tavolo, elegante, McAlister aveva deciso di prendersi una bronchite davanti alla finestra. Raphael si blocco.
La Prewett e McAlister.
Nella medesima stanza.
No, grazie.
Fece dietrofront e richiuse la porta. Sarebbe tornato più tardi, quando fosse stato sicuro di non incappare in un fuoco incrociato di fatture orcovolanti e improperi.

McAlister sorrise sotto i baffi, un sorrisino compiaciuto che parve rivolto al registro che fissava con tanta attenzione. Il silenzio ostile di Grace era durato sì e no una manciata di secondi, e questo riempiva Coriolanus di profonda soddisfazione. Ogni sconfitta di Grace era come una vittoria sua, ed era bellissimo constatare quanto lei fosse incapace di infierire su di lui, pure dopo aver mostrato di volersene stare chiusa in un silenzio snob. Quello, tuttavia, bisognava riconoscere, era sempre stato la specialità di McAlister. Bisognava essere più come lui e meno come lei per riuscire ad ignorare il mondo, profondamente e con totale disinteresse, per intere ore -e questo, se avesse formulato il pensiero ad alta voce, sarebbe stato un complimento per Brigid, non per se stesso.
Quando il sogghignetto si fu spento, conservandone la luce negli occhi, Coriolanus sollevò il viso e lo volse parzialmente verso la sala. L'ingresso di Thorne gli era totalmente sfuggito (o aveva finto che così fosse), ma Arnold si era invece voltato verso la porta e aveva iniziato a fiutare l'aria in maniera piuttosto rumorosa.
«Arnold tace perché sa bene che parlare con te è totalmente inutile, se non addirittura deleterio.» fece notare.
Avrebbe voluto chiedere, a questo proposito, dove si trovasse quel sacco di pulci che era il cane di Grace, ma farlo avrebbe voluto dire dimostrare curiosità per lei, e Coriolanus non se lo sarebbe mai permesso.

Ci risiamo, pensò Coriolanus quando di nuovo Brigid non gli fece avere alcuna risposta: la signora gioca di nuovo al gioco del silenzio. Questa volta, tuttavia, il suo silenzio sembrava meno una scelta e un po' più una semplice mancanza di parole -parole che non fossero 'stupeficium', quanto meno.
Coriolanus si accomodò meglio sulla seggiola, con i suoi movimenti da anziano signore e con i suoi borbottii sommessi. Dalla finestra entrava un venticello gelido che per lui era assolutamente piacevole; sperava tuttavia che facesse venire una broncopolmonite a Grace.
Inizialmente Coriolanus riprese a scrivere appunti sul suo registro, solo qualche minuto dopo si sentì in dovere di chiosare un commento alla situazione:
«Se fossi stata così silenziosa anche in passato, il nostro matrimonio sarebbe durato di più.» fece presente «E io non sarei costretto a sopportare da solo i pranzi coi signori Stones.» le disse in tono neutro, riuscendo a far risultare la frase tutto meno che un complimento. Coriolanus detestava i suoi consuoceri così come detestava tutti, e la situazione non sarebbe affatto stata diversa se lui e Brigid fossero stati ancora sposati: la signora Stones, tuttavia, avrebbe rotto le sue ricette vegane del cavolo a qualcuno che non fosse Coriolanus, e ciò per Coriolanus sarebbe stato ottimo.
Sfogliò una pagina del registro, totalmente assorto dalla compilazione, proprio mentre Arnold si girava in una posizione più comoda e gli cadeva sul piede destro. Bravo cane.

Oh, Brigid, Brigid, Brigid: quanto sei crudele!
Coriolanus lo pensò come se la cosa non lo riguardasse per niente, estraniandosi completamente dalla situazione. Sul suo viso, infatti, nulla si mosse. Per un momento parve in procinto di sollevare il sopracciglio destro in gesto interrogativo, ma poi lasciò subito perdere anche questa idea. Invece, sospirò come se fosse irrimediabilmente stanco e infinitamente deluso: era un sospiro che gli si sentiva spesso quando era intento a correggere i compiti dei suoi studenti o a vederli alle prese con qualche incantesimo nuovo.
C'era stato un tempo in cui uno dei pochi piaceri dell'avere studenti incapaci era poterne parlare male con Brigid davanti ad una tazza di tea con latte schiumoso, ma quel tempo era passato -e, tra l'altro, McAlister non era davvero sicuro di rimpiangerlo.
«Chissà perché, ma la loro sofferenza ogni volta che son costretti a stare in mia presenza mi riempie di gioia.» le fece sapere. La frase ebbe tutto il suono di una constatazione fatta per sé e per sé solo, come se davvero stesse solo riflettendo ad alta voce su questa incognita.
«Tu da quant'è che non vieni invitata?» chiese d'improvviso dopo un attimo di silenzio, come se solo in quel momento avesse registrato la presenza di Brigid nella stanza e si fosse ricordato di avere questa opprimente domanda da porle; il fatto che sapesse già la risposta anche da solo non era un buon segno.

Oh, Brigid, Brigid, Brigid: sei proprio pessima!. Normalmente gli esperti di animali magici tendevano ad essere un gruppo di hippy fissati con le chitarre, le farine integrali e le tisane rilassanti -o almeno tutti gli amicicolleghi che Grace gli aveva presentato negli anni rientravano in questa categoria- ma a quanto pareva sotto la Pace In Terra Agli Uomini Di Buona Volontà si agitavano i peggiori istinti.
Coriolanus era certo che lei avesse detto una bugia, dato che lui medesimo era stato a casa di Gavin prima di passare l'ultima notte nella sua dimora e intraprendere il viaggio per Hogwarts, ma pensò anche che farlo notare fosse uno spreco d'ossigeno: sarebbe servito solo a protrarre oltre una conversazione che aveva iniziato ad annoiarlo almeno dieci minuti prima.
«Come vuoi tu, donna.» le concesse. Fece una carezza ad Arnold, che si era mosso di nuovo, riprese in mano la stilografica e riprese a scrivere inutili minuzie sul suo registro.